Il colpo alla Streltsov

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view post Posted on 15/2/2014, 14:06     +1   -1
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Star Blazers voto 10 e lode

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I regimi hanno sempre voluto controllare il fenomeno calcistico, sin dalla sua nascita. Fascismo, nazismo e comunismo, capirono subito l'importanza che i successi sportivi avevano agli occhi delle grandi masse e non lasciarono nulla di incompiuto, per controllare il calcio, che era lo sport per eccellenza degli strati popolari. La sigla CCCP, sulle tute degli atleti russi, divenne presto un modo per apporre un timbro non da poco agli sbandierati progressi del sistema sovietico nella gara con il capitalismo occidentale. E come avevano fatto nazismo e fascismo, anche il regime sovietico non fu da meno nel calpestare come un cingolato tutti coloro che avevano il grande torto di non sentirsi parte di quel sistema e di voler guardare il mondo senza la lente deformata dell'ideologia. Come, ad esempio, Ėduard Anatol'evič Strel'cov, per noi più semplicemente Eduard Streltsov. Era nato a Mosca il 21 luglio del 1937, proprio mentre iniziavano le fastose celebrazioni per il ventennale della rivoluzione leninista, e sin da giovanissimo si era messo in luce come straordinario talento nella Torpedo Mosca, di cui divenne ben presto il simbolo conclamato ed indiscusso. In poco più di tre anni (dal '54 al '57, stagione in cui arriverà settimo nella classifica del Pallone d'oro) Streltsov mise a segno quasi 50 reti e, soprattutto, fece vedere un repertorio da fuoriclasse assoluto, che avrebbe potuto portarlo a gareggiare coi grandi fuoriclasse della sua epoca. Il suo gioco aveva poco in comune con quello in voga sui campi sovietici dell'epoca. Basato sulla fantasia e sull'estro, andava a cozzare visibilmente con la monotonia e la potenza che erano il timbro di fabbrica del calcio comunista. Amante del colpo di tocco (ancora oggi, in Russia, lo chiamano il colpo alla Streltsov), appena diciassettenne fece una tripletta in amichevole alla grande Svezia, una delle potenze calcistiche dell'epoca. Era nata una stella. Da quel momento quel ragazzino col ciuffo ribelle, che era il maggior protagonista della dolce vita moscovita, grande amante delle feste, delle donne e della vodka, divenne un vero e proprio mito per la gioventù sovietica e anche un pericolo da non sottovalutare per il regime. Il quale non poteva naturalmente ignorare il fenomeno Streltsov e doveva cercare di irregimentarlo per farne uno strumento di propaganda. Certo, faceva paura l'indocilità del personaggio e la sua irrefrenabile corsa ad infrangere le regole, ma i dirigenti sovietici decisero di ignorare gli svantaggi della situazione e di usare il lato che poteva venire utile. Come era in uso in tutti i campi, fu approntato un piano che avrebbe dovuto portare Streltsov a fungere da vero e proprio simbolo della rinascita dello sport sovietico. Ma Streltsov fece ben presto capire di non poter essere controllato o usato come un semplice strumento, in quanto uno strenuo individualismo lo spingeva a considerare sacra la sua libertà, sia in campo che fuori. Nel 1958 arrivò addirittura a rifiutare il trasferimento dalla sua amata Torpedo a una delle due squadre del Soviet, dicendo no sia al Cska Mosca, la squadra dell'Armata Rossa, che alla Dinamo Mosca, quella del KGB, nonostante, in questo ultimo caso, l'insistenza del mitico Lev Yashin. Proprio da questo momento, però ebbero inizio i suoi guai. Il suo comportamento ribelle cominciò ad essere mal visto in un sistema ove ogni personalismo era bandito e visto come un potenziale pericolo capace di portare alla rottura dell'ingranaggio minuzioso messo in opera dall'alto e che decideva della vita di ogni singola rotella. L'occasione per rimettere al suo posto il fuoriclasse ribelle fu fornita da una frase di troppo, forse pronunciata ad una festa al Cremlino, nel corso della quale sembra che Streltsov avrebbe rifiutato di sposare la figlia di Yekaterina Furtseva, la più importante figura femminile del regime sovietico, aggiungendo come chiosa finale un insulto che non poteva passare sotto traccia: "Non la sposerei mai quella scimmia". In un primo momento non successe nulla, tanto che Streltsov continuò la preparazione per quei mondiali del 1958 che avrebbero dovuto fare da vetrina alla sua esplosione internazionale. Poi, però, il meccanismo infernale che doveva stritolarlo si mise in moto e iniziò la sua fine. Proprio pochi giorni prima del via, infatti, arrivò lo stop delle autorità sovietiche. Nonostante prove incerte e contraddittorie, Streltsov fu rinchiuso nella prigione della Butirka, con l'accusa, infamante, di aver stuprato una sua coetanea nel corso proprio di quella festa. Con sconcertante naturalezza, figlia di una chiara ingenuità, il giocatore firmò una confessione di quanto successo, dopo aver avuto la garanzia di poter comunque partecipare alla kermesse iridata in terra di Svezia. In tal modo, firmò la sua condanna. Fu infatti condannato a dodici anni di lavori forzati in un gulag, che spezzarono a metà la sua carriera e gli impedirono di far vedere il suo talento nella stessa competizione che vide l'esplosione di quello che avrebbe potuto essere il suo naturale rivale, Pelè. Fu liberato solo nel 1963, e tornò a giocare due anni più tardi, ma ormai i duri anni passati in miniera, avevano fatto il loro lavoro e Streltsov non era più il fuoriclasse che tutti aspettavano in Svezia. Era rimasta qualche traccia dell'antica classe e, soprattutto quell'estro così odiato dal regime. E poi c'era ancora il colpo di tacco, il colpo alla Streltsov, che era rimasto intatto. Bastava ed avanzava per tornare a vestire quella maglia con la scritta CCCP, tanto da finire la sua carriera con 38 gare disputate in Nazionale, condite da 24 reti. Ma l'ultimo, avvelenato frutto di quel periodo trascorso al lager, avrebbe fatto il suo effetto molti anni dopo, esattamente nel 1990, quando i suoi polmoni non ressero all'avvelenamento progressivo riportato durante il duro lavoro in miniera e lo condussero prematuramente alla tomba. Non senza prima aver prodotto il suo ultimo colpo, alla Streltsov, poichè era riuscito a resistere sino alla fine del regime che lo aveva oppresso per tanti anni, il quale era crollato proprio pochi giorni prima...



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